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Xylella, le ragioni del Wwf contro l’abbattimento degli ulivi

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Gli interventi di Nicolò Carnimeo delegato regionale del WWF Puglia e Gabriella De Giorgi ordinario di Diritto Amministrativo dell’Università del Salento spiegano perché bisogna ricorrere alla Corte di Giustizia UE. Il Wwf preannuncia battaglia contro la decisione di abbattere gli ulivi infestati da xylella. Spiega l’associazione ambientalista: “Con la notizia dell’apertura della procedura di infrazione UE contro lo Stato italiano per “inadempienza” rispetto agli obblighi derivanti dalla decisione di esecuzione della Commissione europea n 789 del 18 maggio 2015 (con la quale si è deciso di abbattere gli ulivi sani nel raggio di 100 metri da un albero infetto da xylella fastidiosa) sembra quasi si sia aperto un muro contro muro per il quale a farne le spese saranno solo gli ulivi”. “È importante far comprendere a chi ritiene che l’abbattimento delle piante sane sia l’unica misura necessaria a contenere la diffusione della Xylella – riferisce Nicolò Carnimeo delegato WWF Puglia che questa drastica misura non solo contrasta con lo stesso ordinamento europeo, ma non è supportata da dati scientifici. La nostra associazione ambientalista ha proposto ricorso per evitare una inutile strage, basti pensare che per ogni pianta infetta si tratta di eradicare 250 alberi sani, ne bastano 8 concentrati nella stessa zona per abbattere 2032 ulivi! E ciò senza alcuna evidenza che l’eradicazione sia la giusta alternativa, anzi non si è neppure sicuri se la Xylella sia l’unica causa del disseccamento degli ulivi o ve ne siano di molteplici.  Anche il buon senso porta a pensare che la famigerata sputacchina (vettore della Xylella) non debba colpire necessariamente gli alberi accanto a quello infetto e ciò perché portata dal vento può arrivare molto al di là dei cento metri che dovrebbero rappresentare una “zona cuscinetto. In altri Paesi con la Xilella si è imparato a convivere”.   “In definitiva – prosegue il delegato WWF - non essendoci prove cogenti, che l’eradicazione serva a fermare la Xylella, così come peraltro non ve ne sono del contrario, occorre un supplemento d’indagine. Bisogna cercare e trovare soluzioni alternative praticabili, curare, non recidere. Ma occorre innanzitutto mutare il proprio approccio con la Natura e la biodiversità. La scienza sta facendo passi da gigante anche sul fronte Xylella. Non dobbiamo dimenticare che l’ecosistema naturale è autorigenerante. L’uomo non può continuare ad agire d’imperio, sull’onda di pulsioni, timori ed interessi che non abbiano un più vasto orizzonte etico. Solo se ci riapproprieremo di un corretto rapporto con la Natura, e con noi stessi, salveremo quello che siamo e ciò per cui realmente viviamo”. “È la stessa Commissione – riferisce Gabriella De Giorgi ordinario di Diritto Amministrativo dell’Università del Salento e legale che ha curato il ricorso per il WWF Italia - che, con la decisione n. 789 del 2015 ha innanzitutto contraddetto le prescrizioni della Direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell’8 maggio 2000 in cui si parla (peraltro in termini dubitativi) della sola possibilità di abbattimento delle piante infette e mai di quelle sane. Pertanto la decisione, la cui violazione è stata invocata per l’avvio della procedura di infrazione, a sua volta viola gravemente l’atto di base (la direttiva comunitaria), alla cui stretta applicazione si doveva invece limitare. Ma viola anche la Convenzione Internazionale per la Protezione dei Vegetali (CIPV) del 6 dicembre 1951, conclusa in seno all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l'agricoltura (FAO) - ormai parte integrante del diritto dell’Unione e per questo richiamata nel Considerando n. 6 della Direttiva 2000/29/CE – e i principi generali dell’ordinamento UE tra i quali quelli di proporzionalità e di precauzione”.  “La c.d. Decisione di esecuzione – continua la De Giorgi - infatti, si basa su un parere dell’EFSA non conforme alla soluzione dell’abbattimento di piante non infette e anzi dubbioso sulla stessa utilità dell’abbattimento di quelle infette, e quindi contraddice le prescrizioni della CIPV che invece richiede che le misure di prevenzione fitosanitaria si fondino su un parere scientifico conforme e siano le meno invasive possibili: l’esatto contrario della decisione della Commissione che solo per gli ulivi prevede misure drastiche di abbattimento che in altri casi, pure da infezioni da quarantena, non sono state applicate, con la concessione agli Stati di possibilità di deroga, in considerazione del valore sociale e culturale della pianta da abbattere. Queste e altre censure sono alla base di una sorta di inedita sfida diretta a sollecitare una pronuncia della Corte Ue perché accerti che a porsi in contrasto col diritto dell’Unione non è il giudice (e dunque lo Stato) italiano, ma la stessa Commissione che con la sua decisione si è posta in aperto e radicale contrasto con la direttiva del Consiglio e con tutte le fonti che disciplinano questa delicata materia”.

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