
Il 31enne detenuto di San Cesario è morto a Taranto lo scorso 8 dicembre. I famigliari chiedono che sia fatta chiarezza sulle cause della sua morte e se cure più adeguate avrebbero potuto sarvargli la vita. Troppi punti oscuri, troppi dubbi angosciosi sul tragico destino di Cesario Antonio Fiordiso: la famiglia del giovane detenuto di San Cesario, deceduto a Taranto lo scorso 8 dicembre all'età di 31 anni, si oppone all'archiviazione del caso e porta avanti la sua battaglia legale per sapere se e quali responsabilità ci sono nella morte del ragazzo. La zia di Cesario, Oriana Fiordiso, si era rivolta alla Procura di Taranto il giorno dopo la morte del nipote, assistita dagli avvocati Pantaleo Cannoletta del foro di Lecce e Paolo Vinci del foro di Milano, esperto in casi di “malasanità”. Il giovane di San Cesario scontava una pena per rapina ed era detenuto nel carcere di Lecce dal dicembre 2011. Le sue condizioni di salute non avevano suscitato mai particolari preoccupazioni, almeno fino al settembre dello scorso anno quando la situazione è precipitata tanto velocemente da condurlo alla morte nel giro di poche settimane. Cosa è accaduto? Si poteva fare qualcosa per evitarlo? Sono le domande che la zia di Fiordiso, l'ultima ad averlo visto vivo e in buone condizioni di salute, rivolge alla magistratura. Dal 2 settembre fino al 20 ottobre - giorno in cui fu ricoverato in condizioni gravissime all'Ospedale “S.G.Moscati” di Taranto – il 31enne ha subito vari trasferimenti dalle case circondariali a strutture ospedaliere di cui i famigliari ancora oggi non conoscono i dettagli. Allo stesso modo sarebbero state lacunose le informazioni circa le condizioni di salute del loro congiunto. Dalle cartelle cliniche emerge che Fiordiso è giunto in ospedale affetto da “Stato settico in paziente con polmonite a focolai multipli bilaterali. Diabete tipo 2. Grave insufficienza renale. Tetraparesi spastica”. Non solo: dalle comunicazioni dei medici della Casa Circondariale è emerso che il 31enne, che versava in uno stato di grave prostrazione mentale, non si nutriva da almeno tre giorni. Fiordiso era un detenuto psichiatrico ed era sottoposto ad una terapia di cui però si privava volontariamente negli ultimi giorni. Tutte circostanze che, secondo i legali, gettano dubbi sull'efficacia delle cure prestate al detenuto all'interno del carcere. Ma c'è anche un altro dettaglio inquietante sul quale si chiede alla Procura di far luce: Fiordiso presentava dei lividi sul corpo che facevano ipotizzare delle percosse. Dalle indagini effettuate dalla difesa è emerso che il 31enne sarebbe stato aggredito da un gruppo di detenuti all'interno del carcere di Lecce. Questa circostanza può aver contribuito al peggioramento della sua salute mentale e fisica? Ora la vicenda è nelle mani del Gip del Tribunale di Taranto che dovrà decidere se accogliere la richiesta di archiviazione presentata dal pm contro la quale i legali e la zia si oppongono fermamente. Si chiede, invece, di proseguire le indagini eseguendo un esame autoptico sul corpo del giovane per chiarire tutti i dubbi sulle cause che hanno portato al decesso e se c'è stato o meno un ritardo nel ricovero che avrebbe potuto salvare la vita al giovane. Si chiede, in sostanza, di accertare se si sia trattato di omicidio colposo o di tragica fatalità. Per dare più forza alla battaglia alcune associazioni studentesche dell'Università del Salento si sono strette attorno ai famigliari di Fiordiso in un sit-in che si è svolto davanti alla sede dell'Ateneo lo scorso 23 marzo. mgm