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Sostegno alle fasce deboli, a Calimera un progetto finanziato dalle indennità di Giunta

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Leccesette
Nella prima sperimentazione verranno sostenute minimo 28 persone con 200 euro nette. Indennità di giunta per aiutare le fasce più deboli della popolazione. Succede a Calimera: partono da oggi a i Patti per l’inclusione sociale attiva, in sigla P.I.S.A., una sperimentazione finanziata esclusivamente dalle risorse di bilancio comunale, da un capitolo in cui confluisce la quota di rinuncia delle indennità degli amministratori, istituita dall’amministrazione De Vito a pochi giorni dall’insediamento.  “Ci abbiamo creduto fin dal primo momento – spiega Francesca De Vito, sindaca di Calimera – alla possibilità di costruire in maniera equa un sostegno alle fasce più fragili della nostra Comunità, a partire, simbolicamente ma anche concretamente, dalla rinuncia ad una quota delle indennità di amministratori della Giunta comunale. Fin dal primo mese abbiamo istituito un capitolo nel nostro bilancio che ha lo stesso nome di questo progetto, gettando le basi per un capovolgimento culturale delle politiche fatte da questo Comune sul contrasto alle povertà. Negli anni che ci hanno preceduto, infatti, il sostegno economico alle persone e ai nuclei familiari con disagio economico veniva corrisposto con la monetizzazione, cioè alle persone con disagio economico veniva corrisposto, una tantum, sulla base di criteri non meglio definiti, un contributo in danaro. Sono poche risorse per adesso ma stiamo inaugurando un nuovo corso, fatto di giustizia e di legalità”. “I potenziali beneficiari -spiega Serenella Pascali, assessora al Welfare- presentano una dichiarando l’interesse a sottoscrivere un Patto con l’amministrazione comunale per effettuare alcuni servizi elencati nell’avviso tra cui ad esempio l’ausilio a piccole opere di manutenzione urbana (pitturazione panchine, ringhiere, piccole riparazioni etc.). A fronte di queste prestazioni l’amministrazione comunale corrisponde un contributo economico la cui finalità vera è l’inclusione sociale, cioè l’offerta di un’occasione di inserimento nel tessuto sociale del paese. In questo modo si offre un doppio vantaggio: da una parte si contiene il disagio economico del richiedente, dall’altra si fornisce un servizio all’intera Comunità. Il messaggio è chiarissimo: la difficoltà dei cittadini può trasformarsi in occasione di rilancio sociale per se stessi e per l’intera Comunità. Cioè non è una spesa a fondo perduto che fa leva sul bisogno ma un investimento sulle risorse delle persone che sempre ci sono e che hanno solo bisogno di essere valorizzate».  Hanno accesso alla sperimentazione le persone con ISEE da 0 a 4mila euro. Nel bando sono poi elencati alcuni criteri di valutazione aggiuntivi tra cui la presenza di figli minori o i nuclei monogenitoriali o la presenza di persone disabili all’interno dello stesso nucleo familiare. “Abbiamo blindato l’accesso al beneficio e i criteri di valutazione perché vogliamo che la misura sia quanto più equa possibile -spiega l’assessora Pascali-. Questa prima sperimentazione sarà attiva da ottobre a dicembre sia perché le risorse in bilancio non ci consentivano di andare oltre, sia perché è bene testare la misura per limare poi eventuali limiti riscontrati in fase di attuazione, sia per consentire il costante aggiornamento dei richiedenti: sosterremo minimo 28 persone in questo primo trimestre, corrispondente numericamente alla platea storica delle persone e dei nuclei familiari con disagio, con massimo 200 euro, ma il sostegno cambierà in base al servizio reso e al numero di ore di prestazione effettivamente erogate. Dal punto vista delle reciproche responsabilità e degli impegni contiamo molto sulla sottoscrizione del Patto, anche questo di carattere simbolico oltre che concretamente stipulativo: noi vogliamo fare un nuovo patto con i nostri cittadini e con la Comunità intera, il patto della dignità che fa leva sulle risorse, il patto dell’inclusione, il patto della legalità”. 

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