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Ex Apisem in attesa di bonifica. Salvemini: "Intervengano Comune e Università"

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Leccesette
Il secondo grado del processo Apisem è stato celebrato, ma l'inquinamento della falda acquifera nella zona dell'ex deposito di carburante rimane. Carlo Salvemini, consigliere comunale di Lecce Città Pubblica, sollecita il Comune di Lecce e l'Università del Salento a intraprendere un'iniziativa urgente per salvaguardare la salute pubblica. Ecco il suo intervento. Oggi che la Corte d’Appello di Lecce ha ribadito la sentenza di primo grado per il reato di avvelenamento colposo delle acque nell’area ex Apisem conviene ricordare che l’accertamento della responsabilità penale non cancella il danno procurato e persistente. Che è quello descritto nella sentenza di primo grado gennaio 2014: “La presenza di inquinanti rilevati provoca danni alla salute“; “si è in presenza di un gravissimo inquinamento che interessa il terreno, la falda superficiale, la falda profonda“; “l’entità del fenomeno è così drammatica che il sito può essere considerato contaminato a prescindere da qualsivoglia analisi di rischio sito-specifica”; “il fenomeno della contaminazione è perdurante: fino a che non avviene la completa rimozione delle vasche di deposito degli idrocurburi e del terreno nel quale si sono dispersi, le piogge dilavano progressivamente il terreno portando gli idrocarburi nell’acqua della falda superficiale”; “nei pozzi in falda superficiale nell’area del parco comunale di Belloluogo vi è una rilevante presenza di MBTE”; la falda acquifera superficiale nelle aree indagate, sia che si consideri la loro destinazione ad uso industriale o commerciale, oppure a verde pubblico o abitativo, sono da considerarsi notevolmente contaminate. Tale contaminazione può considerarsi determinata da sostanze cancerogene”. Capisco che è più facile destare l’attenzione sulla sentenza di condanna. Ma come leccesi dovremmo essere oggi principalmente interessati a capire quando e come un’area che è dentro la città di Lecce - dentro un polo universitario e un parco pubblico - verrà bonificata. A tutela della salute pubblica. Putroppo in sede di dibattimento è emerso che ad oggi, trascorsi due anni, poco o nulla s’è fatto. Ed è questo l’aspetto più preoccupante, adesso. Le istituzioni potevano e dovevano fare di più per impedire questo scempio ambientale? Ricordo le parole del giudice nella sentenza di primo grado, oggi confermata: “ non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo. Sono emerse omissioni inerenti le materia di tutela della salute e incolumità pubblica. Solo il 29/5/2012 s’è ordinato il divieto di utilizzo delle acque a uso potabile, domestico e irriguo insistenti nell’area della proprietà Fiorentino, nonostante che già in data 18/1/2008 al Sindaco fosse stata trasmessa dal Presidente del Tribunale la relazione dei consulenti“. A Palazzo Carafa qualcuno era ed è colpevolemente distratto. Ora ribadiamo quanto già sollecitammo nel dicembre 2013: la sentenza non equivale ad una bonifica di un’area fortemente inquinata, purtroppo. È rimessa all’attuazione di un procedimento amministrativo, incardinato nella Conferenza di servizi, che non prevede controlli e sanzioni. E qui purtoppo non c’è altro tempo da perdere. Scusate la brutalità: ma se ad un nostro familiare avessero diagnosticato, a seguito di più prelievi, la presenza di una malattia infettiva noi ci affideremmo ad un terapia scandita da liste d’attesa infinite o ci attiveremmo per aggredire immediatamente l’infezione e fermare il contagio? L’area urbana interessata dall’avvelenamento è un nostro congiunto; la famiglia Fiorentino è un nostro congiunto; Parco di Belloluogo è un nostro congiunto. Per questo ribadiamo che non c’è altro tempo da perdere. La situazione oggi è quelle descritta dall’art.250 del d.lgs152/2006 (bonifica da parte dell’amministrazione): “qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti le procedure e gli interventi sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio“.  L’interesse alla tutela della salute pubblica quindi sollecita una iniziativa urgente del Comune di Lecce. Sarebbe importante che al Comune si affiancasse anche l’Università di Lecce: consideriamo quasi una dovere etico da parte della più importante istituzione scientifica e culturale della nostra città. E’ l’art. 245 che del resto prevede che “le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica, di ripristino ambientale possono essere comunque attivate su iniziative degli interessati non responsabili“. Comune e Università impegnate l’una a fianco all’altra in una meritoria e doverosa iniziativa di risanamento ambientale a tutela degli interessi dell’intera comunità nelle more degli adempimenti in carico al proprietario.

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